27 Gennaio
1945 : settant’anni fa venivano aperti i cancelli di Auschwitz. Solo
settant’anni fa. Non è una data cosi lontana, così evanescente, così sfumata da
non toccare più la memoria di tutti noi.
Cosa
distingue il ricordo dalla memoria? Il ricordo suscita il sentimento della
perdita, la nostalgia di qualcosa di intimo ed affettivo. La memoria, invece, è un enorme magazzino di
dati e di fatti. La memoria, poi, è soprattutto pubblica e storica. Ci sono
orrori che non possono e che non devono essere dimenticati. Chi può dimenticare
l’orrore che venne seminato e che spogliò migliaia di persone dalla loro vita,
dalle loro famiglie, dalla loro dignità di esseri umani? I “Treni della
Memoria”, i numeri sulle braccia, una sopravvivenza dipendente da un sì o da un
no?
No, oggi non
vogliamo raccontare una storia di odio e di vendetta nei confronti
dell’umanità. Nessuno la potrebbe mai archiviare nell’angolo impolverato del
dimenticatoio. Oggi vogliamo ricordare qualcosa di consequenziale: se non facciamo
tesoro di ciò che accadde in quegli anni, se ne neghiamo la memoria, se ancora
nel 2016 sentiamo discutere di prelievo forzoso di denaro e beni ai profughi, se
l’Austria propone la sospensione di Schengen, se si vuole porre il veto a qualsiasi ripartizione
di quote dei richiedenti asilo, se altri Paesi vogliono mettere il filo spinato
ai confini, se l’Unione Europea impone alla Grecia di fermare l’arrivo dei
profughi dalla Turchia lasciando affogare uomini, donne e bambini, se in Italia
si dibatte ancora oggi su discriminazioni putride ed omofobe contro i diritti
delle persone, la storia potrebbe ripetersi.
Raccontate
al mondo, ai bambini, agli amici che questo è stato e che questo potrebbe
ancora essere se permettiamo a noi stessi che l’odio prenda il sopravvento
sulla memoria e su ciò che differenzia un uomo da una bestia. Al nostro secolo
fu dato in sorte questo tempo. La nostra eredità è la Memoria e la nostra
salvezza sarà la dignità dell’Uomo.
“ Se
comprendere è impossibile, conoscere è necessario” ( Primo Levi)
di Karin Grimaldi.
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